30Dic2016

Valore D e lo sviluppo professionale e di vita delle donne

di Amalia Di Carlo

 

Intervista a Sandra Mori: investire su noi stesse è fondamentale

 

Domanda:  Avvocata Mori, come svolge il Suo ruolo di Presidente di Valore D?

Risposta:  Valore D è un’associazione di aziende, e la mia nomina quest’anno ovviamente tiene conto del mio lavoro in Coca-Cola. Sono stata molto felice di essere eletta Presidente in quanto, a questo punto della mia vita e carriera, mi sono ritenuta pronta a ‘restituire’ un po' di tutto il buono che ho ricevuto. In Valore D posso rivolgere attenzione ed energie per favorire ad esempio l'aumento del numero di donne nel mondo del lavoro, questione purtroppo molto seria in Italia ove solo il 50% della popolazione femminile adulta è impegnato in un'attività lavorativa. Il tema della crescita delle donne nella loro carriera mi appassiona da molti anni.

D.:  Progetti per il 2017?

R.:  Ci concentreremo sullo sviluppo dei livelli intermedi di management femminile, proponendo alle aziende associate a Valore D attività e corsi specifici. Intendiamo rafforzare il ruolo dell'associazione nei confronti delle istituzioni, e guarderemo anche fuori dall'Italia per creare sinergie con altre associazioni ed enti. Senza trascurare un solido programma di espansione dell'associazione a tutto il territorio nazionale, e a tutti i settori imprenditoriali.

 

D.:  Un anno fa Valore D ha lanciato l’iniziativa 'In the Boardroom'. Ce ne parla?

R.:  Con 'In the Boardroom' abbiamo contribuito alla preparazione professionale di donne 'ready for board', in vista dell’ingresso in Consigli di amministrazione dopo l'approvazione della legge Golfo-Mosca sulle quote di genere. Su oltre mille richieste, abbiamo selezionato circa 250 candidate a cui abbiamo fornito formazione della durata di un anno circa, su temi quali corporate governance, dinamiche di gruppo, uso dei social network; un insieme di competenze necessarie per svolgere al meglio la funzione di membro indipendente di Consigli. E’ stato un grande successo: oltre la metà delle donne che hanno completato il corso fa parte ora di un Consiglio e il totale è destinato ad aumentare, con il trend positivo della legge sulle quote di genere.

 

D.:  Come si procede per garantire un’effettiva parità di genere?

R.:  Purtroppo non ho una risposta assoluta a questa domanda! Sono però convinta che nel nostro Paese il fattore determinante della disparità di genere è la ripartizione dei carichi familiari, che per la stragrande maggioranza ricadono ancora sulla donna. Cura dei figli, della casa, degli anziani sono ancora considerati 'dominio femminile' e questi carichi, sommati a quello derivante dal lavoro, rendono di fatto impossibile alle donne il 'battersi ad armi pari'. E’ un problema difficile da risolvere, radicato nella cultura e tradizioni italiane. Sappiamo che innescare e sostenere un vero cambio culturale è un processo complesso, che non si esaurisce in una generazione. Certamente in questo lo Stato può fare tanto, e le recenti leggi sul welfare aziendale sono un passo avanti. Sono convinta che il cammino intrapreso sia quello giusto e che già dalla prossima generazione assisteremo ad una trasformazione importante dei ruoli all'interno della famiglia.

 

D.:  Nel Suo percorso professionale ha incontrato difficoltà in quanto donna? Come le ha superate?

R.:  Penso di essere stata più fortunata di molte colleghe, perché la mia carriera non è stata influenzata negativamente dalla scelta di avere una famiglia e dei figli, che anzi mi ha aiutato ad ampliare la valutazione e perseguimento delle mie priorità (cosa che secondo me è importantissima per avere successo). Decidere da sole come procedere, senza farsi condizionare da altri che inevitabilmente tendono a metterci davanti le proprie priorità, è un’abilità fondamentale per tutte noi.

 

D.:  Detto così sembra semplice…

R.: Secondo me è essenziale non perdere di vista l'obbiettivo ultimo. Se, quando ho avuto la mia prima figlia, avessi dovuto valutare solo i pro e i contro economici e organizzativi di rimanere a casa piuttosto che continuare a lavorare, avrei probabilmente fatto la scelta che molte donne fanno, sacrificando la carriera alla famiglia. Ma ero convinta che nel medio-lungo periodo le opportunità di carriera e di crescita avrebbero compensato lo svantaggio temporaneo. Invito tutte le donne a fare questa valutazione, anche quando il peso della gestione di vita e carriera sembra insostenibile, perché investire su noi stesse e la nostra indipendenza economica (dalla quale deriva quella personale) è il miglior investimento, non solo per noi stesse ma anche per i nostri figli.